In questi mesi di quarantena ho avuto il tempo (e via via anche la voglia) di leggere un libro licenziato nel 1910, pubblicato nel 1934 e riedito nel dicembre del 2016, che narra le luci e le ombre della dinastia Medicea sullo sfondo di quattro secoli di storia fiorentina.
Lasciando a chi è interessato o ha la curiosità necessaria per sorbirsi 788 pagine voglio attirare l’attenzione sul qualche riga riferita alle vicende delle due epidemie di “peste” che hanno funestato nel ‘600 la vita di Firenze e del territorio toscano.
Racconta Young che in un quadro difficile in cui il Cardinale Richelieu mandò un esercito francese al di qua delle Alpi e l’esercito austriaco occupava Mantova la Toscana e Firenze fu risparmiata nonostante fosse costretta a mobilitare il suo esercito. “Non molto tempo dopo – scrive – scoppiò a Firenze la peste che infierì per molti mesi sulla città causando la più grande miseria. In questi tristi momenti le misure prese da Ferdinando II (ndr il Duca non aveva ancora 20 anni ) furono degne dei primi Medici suoi antenati. Denaro e provvigioni furono liberalmente distribuiti ai poveri, e i lavoranti della lana e della seta ebbero centocinquantamila ducati. Rondinelli, un testimone oculare degli avvenimenti , dichiarò che tutto fu dato saggiamente , non in semplici elemosine, ma anche in opere di pubblica utilità e in lavori agricoli. Furono fondati dei lazzaretti, e fu stabilita una generale quarantena….”.
La peste – racconta ancora Young – infuriò per tredici tristissimi mesi causando in città e nei dintorni di dodicimila persone. Ferdinando stabilì un ufficio di igiene, il quale emise molti saggi regolamenti , forzando anche gli ospiti dei numerossisimi monasteri e conventi ad obbedire alle leggi sanitarie e ad accettare la loro parte di lavoro, con l’accogliere ed assistere i convalescenti”.
Ma diversamente da quanto avviene oggi con Papa Francesco, in prima fila nella difesa delle leggi sanitarie suggerite dal Comitato tecnico scientifico, a quei tempi, “le sagge leggi sanitarie imposte da Ferdinando furono bollate dal clero come empie; il papa (Urbano VIII) “chiese che l’Ufficio di igiene fosse censurato, ordinando che ai suoi membri fosse imposta una severa punizione e Ferdinando, incapace di resistere alle pressioni esercitate su di lui da un’ava bigotta, fu costtretto nonostante l’infignazione popolare e la propria a cedere alle arbitrarie domande col risultato che l’ufficio di igiene fu costretto a far penitenza per aver preso delle misure realmente sagge e utili”.
A qualche anno di distanza, nel 1633 – sempre secondo il racconto di Young – nell’anno in cui Galileo Galilei, fu richiamato a Roma, per rispondere delle sue scoperte sulla base delle quali era la terra che girava intorno al sole e non il contrario, scoppiò di nuovo la peste a Firenze. “Questa volta … invece di sagge misure sanitarie la superstizione regnò suprema, accompagnata da cerimonie religiose … La madonna dell’Impruneta fu portata a Firenze dove fu fatta girare processionalmente per le strade seguita da una folla di gente che col contatto diede maggiore vigore alla pestilenza; e per molti altri mesi Firenze ripiombò nel lutto”.
(a cura di Luigi Rambelli)
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