Il ruolo dell’inquinamento atmosferico nella pandemia da coronavirus Sars-Cov-2 non è ancora chiaro, ma le possibili implicazioni sono tutt’altro che banali e dunque la comunità scientifica si sta attivando per poter arrivare a conclusioni più precise rispetto a quelle oggi disponibili. Anche Copernicus, ovvero il programma di monitoraggio e osservazione della Terra (dell’UE), è sceso in campo. «Al momento non ci sono prove che l’inquinamento atmosferico stia giocando un ruolo nella diffusione della Sars-Cov-2 – spiega Vincent-Henri Peuch, direttore del Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) – Tuttavia, è comprovato che l’inquinamento atmosferico influisce sulla salute cardio-polmonare e sulla risposta immunitaria”.
L’allarme è stato lanciato per la prima volta in Italia, da un team di dodici ricercatori che ha pubblicato un position paper in cui si sostiene – incrociando l’andamento dei contagi in Pianura Padana con le concentrazioni di inquinamento atmosferico nell’area – l’ipotesi di «una relazione diretta tra il numero di casi di Covid-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori». Un’ipotesi che è stata accolta come ad oggi poco solida da altri scienziati di settore (gli stessi autori del position paper del resto hanno precisato da subito la necessità di nuovi approfondimenti), ma che ha avuto l’indubbio merito di innescare un’indagine più approfondita del fenomeno.
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