Lo rivela uno studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, che hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale), incrociandoli con i casi di contagio riportati dalla Protezione Civile.
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E’ questione nota fin dalla Spagnola del 1918 (in quel caso a fare la differenza fu l’impiego maggiore o minore di carbone). E’ fenomeno studiato riguardo alle epidemie asiatiche degli ultimi decenni. Ma naturalmente nessuno in Italia ha voglia di affrontare il tema. Se in autunno non avremo medicamenti miracolosi, non appena lo smog tornerà opprimente rischiamo di vedere riesplodere i contagi di coronavirus.