Misure antismog: come incentivare la mobilità sostenibile e tassare inquinamento e spreco. Ora paga di più chi inquina di meno – Serve la rimodulazione delle tasse sul trasporto e favorire mobilità sostenibile, meno smog e traffico

Nei giorni in cui ferve la discussione su come mitigare i rischi legati all’inquinamento, Legambiente lancia una sfida al governo: «Per ridurre l’inquinamento e per rendere le città più vivibili e libere dalle auto, bisogna avere il coraggio di ripensare il carico fiscale che grava sulla mobilità delle persone e puntare su un’efficace e innovativa rivoluzione urbana che sia chiama green mobility, sempre più sostenibile, alternativa, connessa, condivisa, multimodale, elettrica. In che modo? Orientando le tasse sui trasporti in misura proporzionale all’inquinamento e allo spreco, facendo valere il principio “tanto inquino tanto pago” e incentivando la mobilità sostenibile». Una sfida riassunto nelle 10 proposte  presentate al convegno Green Mobility, organizzato per parlare e confrontarsi sulle sfide e sul futuro della mobilità sostenibile insieme ad esperti del settore e a rappresentanti del mondo politico.

Il Cigno verde dice che quelle che avanza sono «proposte concrete, facilmente attuabili, e soprattutto a gettito fiscale inalterato perché spostano il prelievo dalle forme più inquinanti a quelle meno inquinanti. Si va, ad esempio,dalla rimodulazione delle accise sui carburanti in rapporto all’inquinamento (meno cara la benzina, un po’ più caro il gasolio), all’introduzione di “voucher per la mobilità sostenibile” di mille euro spendibili in abbonamenti trasporto pubblico, noleggi e e-bike per chi rottama la vecchia auto. Dall’incentivo sino a 6 mila euro per acquisto di un’auto elettrica al sostegno delle forme di sharing mobility (mezzi e viaggi), sino alla regolamentazione dei mezzi di micromobilità elettrica (dal monoruota al monopattino) al sostegno dei comuni per investimenti e programmi sfidanti di mobilità sostenibile».

Da quanto emerge dal sondaggio di Lorien Consulting, presentato a Roma, quello dell’emergenza smog e dell’inquinamento atmosferico à un problema che preoccupa la gran parte degli italiani: «Il 94% dei cittadini intervistati è, infatti, preoccupato per la qualità dell’aria, il 39% è molto preoccupato». Per  questo è  urgente dare una risposta e per Legambiente «I blocchi da soli non bastano, perché per contrastare il problema dello smog e rendere le città più vivibili e libere dalle auto, servono nuove politiche urbane che mettano davvero al centro il trasporto locale, treni pendolari e mobilità alternativa e soprattutto occorre ripensare il carico fiscale che grava sulla mobilità delle persone».

L’associazione ambientalista ricorda che «In tutta Italia circolano 14,7 milioni di veicoli (diesel e benzina Euro0, 1, 2, 3) su un totale di 37/38 milioni. Nel 2017 le automobili Euro0 circolanti in Italia, stando agli ultimi dati diffusi, sono 3.768.213 e nello stesso anno ne sono state radiate (sempre Euro0) 71.077. Da oggi, dal 1 ottobre 2018, sono circa 3 milioni i veicoli tra automobili (circa 2,3 milioni) e furgoni (600mila) – benzina Euro0 e diesel Euro0 1 2 3 (per Emilia Romagna erano previsti anche Euro4 ma poi è arrivato il dietro front della Giunta Regionale che si è presa paura), a cui è stata vietata la circolazione in gran parte delle città principali delle regioni Pianura Padana per via delle misure anti-smog previste dal “Nuovo accordo per la qualità dell’aria nel bacino padano”».

Per quanto riguarda il gettito fiscale del settore trasporto e mobilità «ammonta ad oltre 72 miliardi di euro nel 2017: metà dei quali deriva da accise e Iva sui carburanti e il restante ripartito tra tasse sull’assicurazione, l’acquisto, il possesso (bollo), i ricambi e la gestione. Tasse che vanno nella fiscalità generale, che non servono per coprire i costi sociali dei trasporti, e delle volte sono perfino ingiuste: spesso, paga di più chi inquina di meno (una ibrida Euro6 paga il 50% in più di bollo e il 20% in più carburante di più di un vecchio pickup diesel del professionista con partita iva ). È più caro rottamare un vecchio Euro0 che pagare il bollo alla regione (in media ognuno dei 50 milioni di veicoli a motore – dal ciclomotore al camion – paga 120 euro di bollo all’anno). Il possesso del veicolo costa poco, costa invece molto spostarsi tutti i giorni (11% della spesa della famiglia italiana, Istat)».

Il vicepresidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, ha sottolineato che «La sfida che abbiamo di fronte è davvero grande e ambiziosa: dobbiamo infatti fermare i cambiamenti climatici, ridurre un inquinamento che provoca conseguenze gravissime sulla salute, rendere più vivibili le città. Non ci basta qualche incentivo o qualche autobus elettrico, ne vogliamo nuove e altre tasse da aggiungere alle tante che già paghiamo nel settore dei trasporti. Ma vogliamo che si inizi a cambiare, con tutta la progressività possibile, il pesante carico fiscale che grava sulla mobilità delle persone in Italia. Proprio la finanziaria deve diventare l’occasione per spostare la montagna di soldi che gira intorno al trasporto in una chiave trasparente e che incentivi gli spostamenti puliti. Le proposte che formuliamo mirano ad iniziare un cambiamento, progressivo ma radicale, del sistema fiscale che grava sui trasporti, con l’obiettivo di guardare a quel che desideriamo si realizzi tra 10 o 15 anni: dalle modalità degli spostamenti (più intermodalità e condivisione degli veicoli e dei viaggi), ai veicoli per trasportare persone e merci (leggeri, emissioni quasi zero, rinnovabili), alla maggior sicurezza (dalle infrastrutture alle coperture assicurative), alle stesse necessità di trasporto».

Legambiente ricorda che «I prezzi legati ai trasporti, e ancor più alle fonti energetiche, sono talmente influenzati da tasse e da correttivi di mercato da poter essere considerati dei prezzi “politici”. Basti pensare all’incidenza sui carburanti (attorno al 70% su benzina e gasolio), ma anche sull’elettricità (il costo industriale è circa la metà di quel che paghiamo in bolletta). All’opposto, si paga pochissimo di tasse di possesso sui mezzi di trasporto, anche vecchissimi, insicuri e inquinanti. Si pagano relativamente poche tasse sui carburanti a gas (metano e GPL), meno il gasolio della benzina, senza nessuna proporzionalità rispetto all’inquinamento generato o all’efficienza reale dei motori».

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2 replies

  1. Incentivare il lavoro telematico. Lasciare a casa un po’ d’impiegati ministeriali o bancari, muniti di dotazioni informatiche, tali da consentire loro di poter operare da domicilio, specie a Roma, dove alcuni ministeri hanno un numero d’ impiegati pari a quello di una piccola città, i quali si recano in ufficio con l’ automobile anche se abitano a pochi metri da esso. Se un ministero ha 5.000 dipendenti, e 2.500 stanno a casa, sono 2.500 automobili di meno sulla strada. Non è moltissimo, ma sarebbe già qualcosa.

    • Certo che incentivare il lavoro telematico è possibile e vantaggioso. Anche incentivare e favorire il trasporto collettivo sarebbe bene e costerebbe meno alla collettività. Anni fa qualcuno chiese all’azienda pubblica di Bologna di attivare convenzioni con gli istituti scolastici di livello superiore per garantire il trasporto degli studenti frequentanti finanziando la spesa con un contributo generalizzato. In questo modo – come accade in altri stati europei – si sarebbe incentivato il trasporto penalizzando chi vuole continuare a usare il mezzo privato. Risposta? “Ma sapete quanti autobus ci servirebbero”. Neppure li sfiorò il pensiero che in questo modo avremmo potuto essere un po’ più civili e meno inquinati. Tra l’altro avere il trasporto gratis potrebbe essere – specie per le università – un elemento di vantaggio concorrenziale su altri istituti più sordi. Questo è soltanto un esempio di intervento possibile. Altri se ne potrebbero fare per quanto riguarda lavoratori che potrebbero essere incentivati a usufruire del mezzo pubblico tramite bonus. In Europa ci sono già aziende che, invece di spendere soldi nella costruzione di immensi parcheggi, ogffrono un bonus a chi potendo si reca al lavoro in bici o con il mezzo pubblico. Ma forse, di fronte a governi locali che fanno marcia indietro sui limiti imposti davanti alla protesta di aziende che comunque sarebbe stati esentate in quanto esercenti un servizio (es. idraulici e simili), chiedere di promuovere scelte intelligenti e utili è chiedere troppo.

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