Contro il greenwashing: il “sosteniblablablà” ha un costo elevato

L’abuso dei termini “sostenibile” e “sostenibilità” ne compromette il significato e l’impatto: ci fa credere che tutto quel che facciamo, compriamo e usiamo possa continuare all’infinito

Un articolo di Gianfranco Bologna pubblicato da Greenreport (del quale riportiamo l’indirizzo al termine di questa nota) ci riporta all’urgenza di aumentare l’attenzione rispetto a quello che viene definita la “sosteniblablabla”. Ci riferiamo a quello che gli inglesi, primi fra tutti ad occuparsi di questo sgradevole fenomeno, hanno definito già da tempo come “GreenWashing”.

L’esperienza ci ha insegnato  che aumentano le molte (e spesso eccessive, costose e inutili) certificazioni di ogni tipo. Chiariamo: ci sono programmi buoni e opportuni ma anche altri che seguono purtroppo una direzione sbagliata.

Ci sono poi le comunicazioni ai consumatori che vedono autodichiarazioni fatte puramente a scopo pubblicitario spinte da una domanda reale da parte del pubblico alla quale si tende a dare risposte finte.

Ci sono le autovalutazioni (self-assessment) probabilmente una delle pratiche più dannose. Si tratta di un uso improprio del termine ‘valutazione’. In realtà si dovrebbe dire ‘auto-dichiarazione’ o qualcosa di simile. Ottenere una valutazione significa avere altri occhi disinteressati sul proprio lavoro. Diversamente sarebbe come se a scuola gli alunni potessero autovalutarsi in sede di esami o di corso o farsi valutare da amici e parenti. Perché mai le attività economiche dovrebbero essere meno importanti?

A livello nazionale e internazionale c’è anche dell’altro ed è qui che primeggia il Green Wash. C’è per esempio chi è desideroso di approfittare del crescente mercato “verde”, che dichiara ai clienti che effettua verifiche casuali sulle imprese iscritte e promozionate basate sulla compilazione di questionari, senza effettuare alcuna visita preventiva, con le conseguenze sempre più frequenti che ognuno può vedere.

Andando avanti nel tempo la situazione si è aggravata. Troppo spesso queste pratiche vengono assunte nel proprio lavoro anche aziende pubbliche e pubbliche amministrazioni che eccellono nella capacità di comunicazione e annuci ai quali non fanno seguito fatti concreti ma la continuazione delle pratiche precedenti. Molto grave anche la scarsa attenzione di fondazioni e associazioni che pressate da problemi finanziari non sono sufficientemente in allerta rispetto a proposte di sponsorizzazione di progetti, prodotti e iniziative in pieno contrasto con le finalità sociali dei propri statuti. C’è perfino chi decide la propria attività sulla base di programmi e iniziative realizzate in collaborazione con “sponsor” offrendo in cambio visibilità sui media creando confusione fra pubblicità e accredimento.

Le tecniche di ‘Green Wash’ introducono ulteriori elementi di concorrenza sleale e ulteriore perdita di fiducia da parte del pubblico e costituiscono elementi negativi per aziende impegnate in programmi di autentico approccio alla sostenibilità.

Vedi l’articolo di Greenreport 



Categorie:I documenti, Le opinioni

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