Spesso su queste pagine abbiamo pubblicato notizie sullo stato della salute dei lavoratori ricavate dal “Diario – Prevenzione” che ha cominciato il suo percorso digitale proprio 20 anni fa. Cogliamo l’occasione per aprire una finestra sulle condizioni nelle quali si trovano questi “lavoratori” addetti alla sicurezza e alla vigilanza riportando un articolo apparso sul sito del “Diario” curato da Gino Rubini http://www.diario-prevenzione.it che presenta gli elementi per una riflessione sullo stato in cui si trova questa categoria di lavoratori.
“Al recente Congresso Nazionale della SIMLII – spiega il “Diario” la Medicina del lavoro è tornata, dopo oltre un decennio dal 2004 , ad affrontare il tema dei rischi per la salute nelle Forze di Polizia. Per far questo si è partiti da una analisi della letteratura scientifica che indica come le forze di polizia siano state oggetto prevalentemente di studi episodici, a carattere descrittivo o di indagini trasversali su campioni di convenienza. Sono molto scarsi gli studi longitudinali o quelli condotti su campioni randomizzati. Tuttavia, l’efficacia di queste indagini, pur limitata, è sufficiente ad illustrare un quadro di sicuro interesse per la medicina del lavoro.
In molti paesi, i poliziotti non sono sottoposti a sorveglianza sanitaria ma solo ad una visita medica all’assunzione. Anche se la selezione all’ingresso garantisce un significativo “effetto lavoratore sano”, lo stato di salute dei poliziotti si deteriora più rapidamente di quello della popolazione generale. Si registra un rischio significativamente elevato di disturbo da stress post-traumatico, di stress cronico, di sindrome metabolica, di malattie cardiovascolari e di depressione.
Benché durante il servizio gli operatori segnalino solo raramente problemi di salute mentale, l’uscita dal servizio avviene soprattutto per malattie mentali (come ricordato nel 2011 da Sommerfield). Paradossalmente, però, i poliziotti generalmente non cercano aiuto medico-psichiatrico ed infatti la frequenza di visite specialistiche richieste da poliziotti è significativamente inferiore a quella della popolazione generale e per lo più finalizzata a curare sintomi come l’eccessiva stanchezza o la difficoltà di dormire piuttosto che a diagnosticare o trattare disturbi mentali /o di comportamento.
Non sorprende in questo quadro che i poliziotti siano una categoria ad alto rischio di suicidio. Questo ultimo aspetto è uno dei più stigmatizzati e dei meno studiati pur se disponiamo di dati che fotografano la realtà di singoli paesi a partire da quelli francesi. La Polizia italiana è l’unica tra quelle dei grandi paesi europei ad avere reso noti i dati (vedi Carrer e Garbarino. “Lavorare in Polizia. Stress e burnout “. Franco Angeli Editore 2015),
Tra il 1999 ed il 2012 si contano 137 suicidi, un numero prossimo a quello degli agenti uccisi da criminali o deceduti in servizio che sono stati nello stesso periodo 147. Il tasso di suicidi nella polizia è più alto di quello della popolazione generale italiana. Oltre il 90% dei casi fa uso dell’arma di ordinanza. Alla base di ogni caso di suicidio vi è sempre una sofferenza così lacerante da far ritenere che la morte possa essere preferibile alla vita.
Altri temi importanti nell’ambito delle forze dell’ordine sono dati dalla sindrome metabolica, cioè l’associazione di dislipidemia, ipertensione, obesità ed intolleranza glucidica ed il rischio cardiovascolare ad essa associato, i disturbi del sonno e dell’eccessiva sonnolenza diurna e dallo stress. Nell forze dell’ordine, più che in altri settori lavorativi, si deve continuamente verificare non solo lo stato di salute dei lavoratori ma anche la loro capacità di rispondere in modo efficace ed in piena sicurezza a stimoli esterni che possono essere previsti solo stocasticamente. Per chi vuole saperne di più…. http://www.inca.it/Editoria/Lenotizie/Esperienzen3611112016/poliziapenitenziaria.aspx
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