Il crack del nucleare francese: conti catastrofici per Areva ed Edf

Davanti alla centrale nucleare di Caorso nel 2009.

Manifestanti antinucleari ai cancelli della centrale di Caorso nel 2009 durante l’Operazione Po.

“I contribuenti dovranno pagare il fallimento dell’industria nucleare francese”. Si apre così il racconto di “greenreport” sulla voragine degli EPR, i reattori che doveva comprare l’Italia, prima del referendum. Il 25 febbraio il Consiglio di amministrazione del gigante nucleare Francese Areva si è riunito per esaminare i conti dell’bilancio chiuso il 31 dicembre 2015 e ha comunicato che «Areva ha appena trovato un accordo con 6 banche di prestito su un prestito ponte di 1,1 miliardi di euro, destinato ad assicurare la liquidità dell’impresa per l’anno fiscale 2016, il Consiglio ha deciso di differire di 24 ore la chiusura dei conti per permettere  la finalizzazione della documentazione tecnica afferente a questi finanziamenti. Di conseguenza, la pubblicazione dei risultati è stata rinviata di 24 ore».  Ma, come dicono quelli di Réseau Sortir du Nucléaire, il fatto che non sia ancora riuscita a chiudere i suoi conti  è «segno delle difficoltà inestricabili che attraversa l’impresa. Una cosa è sicura: il “fiore all’occhiello” dell’industria francese dovrebbe conoscere nuove perdite quest’anno. E’ inaccettabile che il salvataggio di questa filiera senza futuro incomba ai cittadini».

Le Monde rivela che «Secondo diverse fonti, lo Stato – che detiene l’86,5 % di Areva – ha preteso all’ultimo minuto che questa somma non sia più rimborsata nel gennaio 2017, come previsto, ma piuttosto a giugno. Cioè dopo l’elezione presidenziale». La cosa non è piaciuta per niente ai banchieri e alla fine, dopo una notte di trattative serrate, condotte dall’Agence des participations de l’Etat (APE). Société générale, Crédit agricole, BNP Paribas, Natixis, il governo ha rinunciato a questo rinvio e Crédit mutuel e HSBC hanno accettato di accordare il finanziamento. Ma i preoccupatissimi amministratori di Areva hanno preferito assicurarsi che la  documentation technique  fosse davvero firmata, prima di validare i conti.

Il prestito di emergenza è indispensabile per permettere ad Areva di superare il 2016, anno durante il quale dovrà rimborsare circa un miliardo di obbligazioni, che arriveranno a scadenza a settembre.  Le Monde spiega che «La vendita dell’attività reattori del gruppo (Areva NP) a EDF per 2,5 miliardi di euro e l’aumento di capitale di 5 miliardi di euro promesso dallo Stato non interverranno prima di questa scadenza. Senza questo finanziamento di emergenza, Areva rischiava quindi l’insolvenza entro la fine del 2016 e i revisori dei conti non avrebbero potuto assicurare   la continuità operativa” dell’impresa, un concetto essenziale per poter chiudere il bilancio di esercizio».

E’ una situazione nota da mesi, ma l’intervento della politica ha contribuito a rendere ancora più opaco il fallimento del nucleare francese e il governo francese ha comunicato in ritardo alla Commissione europea il suo piano di salvataggio di Areva, che potrebbe soccombere sotto i colpi delle procedure per gli aiuti di Stato.
ieri la quotazione del titolo Areva è stato sospeso alla Borsa di Parigi e gli interrogativi sul fatto che Areva sia in grado di riprendersi si moltiplicano.  Dopo aver ceduto la sua attività di costruzione dei reattori a EDF, Areva ormai si occupa quasi solo del ciclo del combustibile: estrazione e arricchimento dell’uranio, trattamento delle scorie radioattive, smantellamento delle centrali. Ma con questa cessione in corso Areva vedrà ridursi il suo valore: i suoi dipendenti in tutto il mondo passeranno da 42. 000 a 20. 000 e il suo giro di affari si ridurrà da 8,3 a 5 miliardi di euro. Ma il suo debito già oggi supera i 6 miliardi di euro, dopo  8 miliardi di perdite accumulate in 5 anni e ce, probabilmente sono aumentate nel 2015. I finanziamenti necessari a tappare questa voragine  sono stati stimati in 7 milliardi di euro per i prossimi 3 anni e dovrebbero essere rivisti al rialzo, soprattutto per tener conto del disastro economico e tecnico dell’infinito cantiere del reattore EPR finlandese di d’Olkiluoto (OL3), in Finlandia, non ancora concluso dopo 10 anni e per il quale i finlandesi della TVO chiedono 2,6 miliardi di euro ai francesi, mentre Areva pretende 3,4 miliardi di euro dalla TVO. Dalla conclusione di questa disputa dipende gran parte della ristrutturazione della terremotata filiera del nucleare francese.

Gli EPR sono i reattori che Berlusconi doveva comprare da Sarkozy per costruire le 7 nuove centrali nucleari italiane che avrebbero dovuto avviare il rinascimento nucleare italiano, per fortna ci ha pensato il referendum a risparmiarci questa avventura verso la bancarotta. Forse gli italiani e la politica dovrebbero ringraziare le associazioni che ci hanno evitato questo disastro alla francese.

Per chi vuole saperne di più

 



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