“Quando un sistema globale di potere e di governo entra in crisi, l’uscita è sempre stata l’emergere di forze autonome dal basso, dalle realtà locali”. Democrazia e potere in uno scritto di Gustavo Zagrebelsky

ZagrebelskyOvunque nell’attuale situazione economica, politica e istituzionale si avvertono tendenze a rifugiarsi nella concentrazione del potere decisionale in poche mani, attraverso l’esclusione sistematica di coloro che ritengono necessario costruire decisioni partecipate. La formazione dei gruppi dirigenti avviene sempre più attraverso la cooptazione di soggetti che possano garantire il pieno allineamento al volere di chi detiene i posti di comando. Il fenomeno invade sempre di più la politica, la pubblica amministrazione, gli apparati burocratici, l’assegnazione di posti di lavoro e perfino il mondo dell’associazionismo che sembra aver perso le caratteristiche di proposta e stimolo sue proprie piegandosi, tramite la prestazione di servizi, ad un ruolo gregario nei confronti di chi governa. E’ così che si allarga il distacco fra gli organi di governo, le strutture politiche, economiche e sociali da una parte e i cittadini dall’altra. Ed è questa la causa principale del degrado della società nella quale viviamo che ha il suo effetto più evidente nella disaffezione e nel voto di protesta.

E’ importante una riflessione che approfondisca le ragioni più profonde di questa situazione e rifugga nella negazione del problema cercando soluzioni idonee, ponendo fine alle auto/celebrazioni e ai trionfalismi ai quali cedono troppi gruppi dirigenti che in carenza di legittimazione e capacità egemoniche si rifugiano nella richiesta di maggiori poteri individuando il nemico da battere nella richiesta di confronto e nella discussione libera e democratica. Da qui leggi maggioritarie, restringimenti dello spazio di democrazia, costruzioni statutarie che indulgono nella ricerca di consensi acritici, richiesta di deleghe sempre più ampie. Da dove può arrivare un movimento che analizzando concretamente le situazioni esprima davvero una capacità di rinnovamento della politica, dell’azione di governo a tutti i livelli capace di invertire le tendenze autoritarie in atto?

Gustavo Zagrebelsky, professore emerito di Diritto costituzionale, giudice e presidente della Corte Costituzionale. Giurista di fama internazionale, editorialista e saggista. Si tratta di una delle voci più autorevoli sul tema dei diritti democratici che ha presentato qualche tempo fa una nuova edizione del libretto “Le fabbriche di bene” di Adriano Olivetti dalla quale raccogliendo la disponibilità delle Edizioni di Comunità pubblichiamo alcuni brani.

“Quando un sistema globale di potere e di governo entra in crisi, l’uscita è sempre stata l’emergere di forze autonome dal basso, dalle realtà locali. Questo è accaduto col crollo dell’impero di Alessandro Magno, dell’impero romano, del sistema mondiale del colonialismo e dell’imperialismo dei grandi stati nazionali. E oggi? L’ordine politico ed economico imposto dalla finanza globalizzata non rappresenta forse la più grande aggregazione di potere in poche strutture che, di fatto, si sono assunte il governo del mondo? Quanto tempo passerà, da qui all’implosione?

Ogni rinascita si è sempre alimentata da virgulti che si sviluppano sulle ceneri del gigantismo che, proprio in quanto tale, è incapace di autoregolarsi e di contrastare le forze della contraddizione e dell’auto dissolvimento. Quel virgulto, allora, è stato stroncato sul nascere da forze che si muovevano in tutt’altra prospettiva. Ma oggi, se pensiamo a un riscatto della nostra società possiamo ragionevolmente attenderlo da una politica dall’alto? Non abbiamo bisogno di paradigmi nuovi, capaci di mobilitare le energie latenti e di organizzarle in forme nuove, dal basso?

Sono i partiti capaci di tanto e la loro funzione è quella pur importante, della procrastinazione nel tempo del crollo, del fallimento? Perché un’implosione certamente avverrà, come in tutte le creazioni umane e, massimamente, in quella che ha raggiunto ormai la dimensione massima possibile. Chi crede davvero che la soluzione possa avvenire da un programma di partito o di governo?
L’attuale “Olivetti-reinassance” è significativa; è un segno dei tempi. Non si tratta di assumere ricettivamente e passivamente i singoli elementi di quella intuizione. Molto è cambiato nella struttura sociale del territorio; molto, nella struttura industriale; molto, nelle relazioni sociali. Tutte cose da verificare e discutere. Ma se è vera l’esigenza di rinnovare le energie latenti nel nostro paese e di dare loro uno sbocco operativo e organizzativo, crediamo che la democrazia rappresentativa, impersonata da strutture accentrate e burocratizzate, come sono i partiti-macchine, di un potere sempre più povero di legittimità sia sufficiente per guardare al futuro?”



Categorie:I documenti, Le opinioni

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