La sostenibilità non è più una nicchia perchè rientra ormai nei canoni della vacanza standard. Anche grandi gruppi organizzatori di viaggio e aziende che curano le prenotazioni via agenzie e online si sono trovate di fronte a una richiesta sempre più evidente di sostenibilità delle destinazioni e delle strutture dell’accoglienza con consistenti ricadute sul mercato. Da qui ha preso piede la loro attenzione alla caratteristiche ambientali. Contemporaneamente è salita la sensibilità del pubblico rispetto alle trappole del “green washing” (cioè le operazioni di facciata… senza modificazioni reali dei comportamenti). Lo spunto per alcune considerazioni su questi aspetti arriva anche da un articolo. Il titolo è: Il viaggio sostenibile sta diventando la regola? l’autore è Richard Hammond, pubblicato il 16 aprile 2015, da National Geographic Traveller e tradotto per noi da Sandra Sazzini).
La sintesi del contenuto può essere riassunta nella definizione (fornita nell’articolo) di Myles Farnbank, una delle principali guide di Wilderness Scotland – premiato come World’s Leading Green Tour Operator ai World Travel Awards per le vacanze di avventura a basso impatto.Questo signore che è anche un aderente a Green Tourism classificato “Gold” dice semplicemente che: “il segreto del successo è di far apparire normali le vacanze verdi invece di far sembrare verdi quelle normali!”
Ecco il punto. Anche nel turismo troppi soggetti cercano di apparire attenti e sensibili alla tutela dell’ambiente e alla sostenibilità. Si autodefiniscono come tali quando, in realtà, la loro motivazione è soltanto di raccogliere clienti anche tra la clientela attenta a questi valori e comportamenti considerandoli una nicchia fra le tante. Spesso non corrispondono atti coerenti con le dichiarazioni pubbliche. La conferma di ciò si ha anche navigando sui certi siti, scorrendo le varie graduatorie pubblicate dove in realtà impera quasi esclusivamente il richiamo al prezzo più basso. Basti pensare che da almeno 20 anni un soggetto importante del mercato turistico come la TUI – il più grande tour operator del mondo – pubblica da anni decaloghi e regole ambientali. Richard Hammond l’autore dell’articolo annota che “Quando TripAdvisor ha iniziato a valutare gli alberghi in base alle credenziali ambientali, è apparso evidente che l’atteggiamento del pubblico verso il viaggio ‘verde’ stava cambiando”. Aggiunge però che il programma “si basa sul feedback degli utenti che hanno dichiarato di aver attribuito importanza alle pratiche eco-compatibili osservate nei luoghi visitati”. C’è da chiedersi quindi quale affidabilità può avere il metodo di valutazione dell’impegno per la sostenibilità di chi si basa solo su recensioni che sono state già ripetutamente sanzionate dalle autorità poste a tutela della concorrenza.
L’autore – dopo aver annotato la presenza di oltre 140 etichette ecologiche a livello mondiale – in relazione ai “sistemi affidabili di certificazione verde” ne cita alcune fra le quali il “Green Tourism Business Scheme”. Si tratta del programma che in Italia ha dato vita al progetto pilota in corso sulla Riviera Romagnola con base a Cervia/Milano Marittima. Viene elencato fra i sistemi che “considerano anche l’impatto economico e sociale del turismo e classificano le strutture non solo sulla base delle prestazioni ambientali ma anche di come sostengono l’economia locale, compresa l’occupazione, i salari e le condizioni di vita”. “Tutto ciò fa pensare – conclude – che se un tempo il viaggio ecologico era un settore di nicchia per pochi appassionati in sandali e calzini e zaino in spalla, ora esso rientra nei canoni della vacanza standard ”. E’ ovvio – aggiungiamo noi che se le cose stanno così è corretto desumere che chi è partito prima, ed è un passo avanti, sarà avvantaggiato anche nel marketing.
Link al testo integrale in lingua originale dell’articolo del National Geographic Traveller
Link alla Traduzione dell’articolo del National Geographic Traveller in lingua italiana (di Sandra Sazzini)
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